Il Centro di Documentazione e Ricerca sull’archeologia dell’Africa Settentrionale è nato nel 2001 per iniziativa di Antonino Di Vita.
Antecedente del Centro maceratese è il Centro di documentazione dell’Archeologia africana fondato dallo stesso Di Vita nel 1965, al suo ritorno dalla Libia dove era stato adviser del governo libico per le antichità della Tripolitania dal 1962, con la collaborazione dell’ultimo Soprintendente italiano in Libia, Giacomo Caputo, del paletnologo Paolo Graziosi e di Vittorio Santoli.
Definito da Giacomo Caputo “ un archivio contestuale di documentazione archeologica libica” (G. Caputo, L’attività del Gruppo di ricerca per le antichità dell’Africa settentrionale dal 1965 al 1968, in Parola del Passato XXIV, 1969, pp. 72-80), tale Centro rappresentava uno degli interessi del rinnovato interesse per la ricerca archeologica italiana in Libia negli anni ’60, che si era accresciuto a seguito della nomina ad adviser di A. Di Vita nel 1962, e che fu promosso con contributi annuali concessi dal Centro Nazionale Ricerche (CNR).
Il Centro era affiancato dal Gruppo di ricerca per le Antichità dell’Africa Settentrionale costituito, sempre grazie al sostegno del CNR, da un insieme di studiosi di archeologia nord-africana, cui fu affidata la prosecuzione delle ricerche italiane non solo in Libia (tophet e mausoleo B in sabratha, area sacro funeraria di Sidret el-Balik, villa della Gara delle Nereidi a Tagiura, teatro di Leptis magna, agora, ginnasio-Cesareo e tempio di Zeus a Cirene, siti preistorici del Fezzan e della Cirenaica), ma anche in Tunisia (Cartagine) ed in Algeria (mausoleo del Medracen, fattoria del Nador, Tusubuctu) oltre che la pubblicazione degli scavi effettuati in Libia fino al 1943, restati inediti.
La documentazione di tutte queste attività (giornali di scavo, elaborati grafici, fotografie) costituivano il nucleo centrale dell’Archivio del Centro fiorentino.
Tra il 1966 e il 1968 il Centro arricchì i propri fondi con l’acquisizione dell’archivio di G. Caputo, relativo alle ricerche in Libia fino al 1951, e di un fondo di Renato Bartoccini relativi alla sua missione in Transgiordania condotta tra la fine degli anni’20 e gli anni ’30, comprendenti più di 4000 fotografie, cui si aggiunsero negli anni ’80 i disegni restati fino ad allora tra le carte Bartoccini presso la Soprintendenza dell’Etruria meridionale.
Fu inoltre acquisita la biblioteca di Salvatore Aurigemma, che andò ad accrescere il consistente patrimonio librario del Centro.
Con la chiusura del Centro fiorentino (l’ultima seduta è dell’ottobre 1989 e la morte di Giacomo Caputo (1992) il materiale in esso conservato venne preso in consegna da Antonino Di Vita presso la sede romana della scuola Archeologica italiana di Atene di cui era diventato Direttore dal 1977, dove è rimasto fino al 2000.
Il 4 luglio del 2001, in seguito alla cessione ufficiale dal parte del CNR dei beni del Centro al Dipartimento di Scienze archeologiche e storiche dell’Antichità dell’Università di Macerata, viene istituito da Antonino Di Vita, che ne diventa il Direttore fino alla sua morte nel 2011, il Centro di documentazione e ricerca sull’archeologia dell’Africa settentrionale (a lui intitolato nel 2014).
Nelle intenzioni del suo fondatore il Centro si configura da un lato come un polo documentario e dall’altro come organo di ricerca specializzato nell’ambito dell’archeologia nord-africana, libica in particolare.
Dal 2002 al 2005, grazie al contributo economico dell’Università di Macerata vengono avviati i lavori di inventariazione e catalogazione di oltre 17.000 fotografie e 1.200 disegni al fine di consentirne una più facile consultazione agli studiosi. Il 26/5/2003 il Centro con Decreto n…. del Ministero per i Beni e le Attività Culturali è dichiarato “archivio di notevole interesse storico).
Nel 2005 viene preso in carico ed inventariato anche il Fondo Bacchielli, acquisito dopo la morte dello studioso nel 1997, che raccoglie fotografie e disegni relativi ai lavori di restauro all’arco severiano di Leptis Magna tra il 1991 e il 1996.
Dal 2006 al 2011 con fondi dell’Università di Macerata e della Soprintendenza Archivistica delle Marche iniziano le operazioni di riordino del ricchissimo Fondo Caputo relativo all’archeologia in Libia tra il 1935 e il 1951, tuttora in corso, e del fondo Di Vita, in parte già lasciato dallo stesso Di Vita al Centro, riguardante lavori e ricerche effettuati a Sabratha, Leptis e Tripoli tra il 1962 e il 2011.
Il Centro possiede documentazione cartacea di vario genere: giornali di scavo, relazioni, appunti, epistolari; di particolare interesse la presenza di copie e microfilm delle relazioni settimanali inviate da Leptis Magna e da Sabratha alla sede centrale della Soprintendenza per la Tripolitania a Tripoli e che testimoniano dettagliatamente le attività di scavo, restauro, conservazione tra il 1923 e il 1943, il periodo in cui le due città furono ampiamente indagate ed in cui vennero riportati in luce e restaurati molti dei monumenti più importanti.
Il Centro possiede una biblioteca di circa 1.400 volumi, oltre a numerose e varie riviste, già catalogati e accessibili on line nel catalogo bibliografico maceratese (OPAC).
Legate al Centro restano le missioni dell’Università in Libia (Sabratha e Leptis Magna) e in Tunisia (Althiburos).
Nel 2006 viene appoggiato al Centro il Dottorato di ricerca in “Archeologia romana nel Maghreb e in Cirenaica”.